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La rivoluzione di Milano dell'Aprile 1814 By: Leopoldo Armaroli |
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pubblicata da T. CASINI e V. FIORINI. N. 3
LA
RIVOLUZIONE DI MILANO
DELL'APRILE 1814
RELAZIONI STORICHE
DI
Leopoldo Armaroli e Carlo Verri Senatori del Regno italico
a cura di
TOMMASO CASINI
ROMA
SOCIETÀ EDITRICE DANTE ALIGHIERI
1897.
PROPRIETÀ LETTERARIA DELLA SOCIETÀ EDITRICE DANTE ALIGHIERI Gli esemplari di questo volume non firmati dal gerente della Società
si ritengono per contraffatti. (7606) Roma, Tipografia Enrico Voghera.
[Illustrazione: Milano. Atrio del Palazzo del Senato nel 1814.]
La rivoluzione milanese dell'aprile 1814 e la caduta del Regno
italico, che ne fu conseguenza immediata, ebbero già parecchi storici
o raccontatori; quali, per citare solamente i piú diffusi, il Fabi[1],
il De Castro[2], l'Helfert[3]: ma sono avvenimenti tuttora avvolti in
qualche oscurità, dei quali non si è colta ancora compiutamente la
ragione storica, forse perché sin dal primo momento troppi furono gli
interessati a nascondere il vero di quei rivolgimenti, o almeno a
rappresentarli ciascuno in modo che ne restassero giustificate le
proprie tendenze e la propria condotta. La serie delle scritture che
rispecchiano direttamente i sentimenti e gli atti di coloro che furono
spettatori o partecipi ai fatti del 1814 è lunghissima, e tutte
andrebbero minutamente esaminate e raffrontate, chi volesse sceverare
in ciascuna la particella di vero, che pur vi sarà, e di tutte le
particelle comporre la storia genuina e sincera di quei moti. E dagli
articoli, dalle notizie e dai documenti che a cominciare dall'aprile
1814 si vennero pubblicando quotidianamente sul milanese Giornale
Italiano l'officioso napoleonico, tramutatosi improvvisamente a
officioso austriaco la serie si produce lungamente sino a quelli
Studi intorno alla storia della Lombardia negli ultimi trent'anni ,
che, dettati certamente dalla principessa Cristina Belgioioso
Trivulzio, furono pubblicati in Parigi solamente nel 1846[4], ma erano
eco non ancor fioca dei sentimenti e dei contrasti in mezzo ai quali
il Regno italico di Napoleone I era caduto, lasciando, retaggio
prezioso, agl'Italiani la coscienza della nazionalità, lo spirito
delle armi proprie, il desiderio delle istituzioni civili e la
tradizione di un illuminato liberalismo. A rappresentare con sufficiente fedeltà lo svolgersi di quei
memorabili avvenimenti mi è parso opportuno eleggere di mezzo alle
scritture di cotesta serie copiosa le relazioni composte, quando erano
recenti i fatti, da due uomini di spirito temperato ed equanime,
entrambi per l'ufficio loro di senatori presenti e partecipi alle
deliberazioni che furono motivo o pretesto alla rovina del Regno.
L'una delle quali relazioni, col titolo di Memoria storica sulla
rivoluzione di Milano seguita il giorno 20 aprile 1814 , fu distesa
solamente qualche mese dopo gli avvenimenti e indi a poco divulgata
per le stampe con la data del novembre 1814[5]. Duplice, come appar
chiaro dalla semplice lettura, era stato l'intendimento di chi scrisse
questa relazione: difendere la condotta del Senato contro le postume
accuse del partito indipendentista lombardo e rivelare la parte
sinistra che i detrattori del Senato avevano avuto nei tumulti
dell'aprile, nello strazio del Prina, nella caduta del Regno. Al primo
di questi fini non era parso che corrispondesse abbastanza la Lettera
sulla seduta del Senato del Regno d'Italia tenuta a Milano il 17
aprile 1814 , la quale era venuta alla luce in Parma, sin dalla fine
del maggio[6]: se n'era saputo subito autore uno dei senatori, «uomo
illustre per probità, per carattere, per dottrina», e si disse che non
aveva taciuto «la verità anche parlando di sé medesimo»,[7] ma il nome
di lui, se pur corse sulle bocche dei contemporanei, non fu segnato
sulle carte, né oggi sarebbe agevole a riconoscere se non per indizi
che potrebbero esser fallaci[8]... Continue reading book >>
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