Opera nova amorosa de Nocturno napolitano ne la qual si contiene. Strambotti Sonetti Capitoli Epistole Et una disperata. Libro primo Strambotti ad amicam. Soglion tutti i felice, e lieti amanti Spesso nanti lor dolci inamorate Andar, con dellettevoi versi e canti Per exaltarle, e per trovar pietate Et io, con mesti accenti e flebil pianti A tue maniere crude & dispietate Vengo: e dimando poi che 'l vol mia sorte Da tue man non più tante, una sol morte Ma pria ch'io giungea a disiata morte Vo' palesar mio stato a tutto il mondo Et vo' gridando suspirar sì forte Che se odirà nel cielo, e nel profundo Strade, sentier, muri, fenestre, e porte Voi che fusto al penar mio furibondo Sarete ancho al finir mio, che sia presto Poi che d'un tanto amor, il premio è questo Voi tutti intorno che ascoltate questo Flebile, horrendo e lachrymoso canto Fatto che harrovi il mal mio manifesto Sarete sasso non doprando il pianto Che se al mondo mai fu tormento infesto Gli è il mio che de tutti altri porta il vanto E ognun move a pietà, se non costei Che non cura lo abysso il mondo, o i dei O voi omnipotenti & iniusti Dei Da cui tutto il mio mal nasce e deriva Udite almanco mei dogliosi omei Nanti ch'io giunga a la tartarea riva Dapoi che consentite che costei Facci l'anima mia de vita priva Udite il mio tormento, e vostro errore Che piettoso e iusto atto è udir chi more. Sì come quello che penando more Narrerò del mio stratio il tristo effectto Passando un giorno come volse Amore Nanti il tuo bello, ma spietato aspetto Restai de sentimento e spirto fore E ne' tuoi lacci ah cruda involto e stretto E credendo mi far il più giocondo Mi gettai dalla cima nel profondo. Cusì fin hora sempre nel profondo Vivo morendo fuor d'ogni speranza Timido paventoso e tremebondo Nudo di quel che a tutti gli altri avanza E s'io dico talhor volto gicondo Muta questa tua folle strana usanza Un tal sguardo me spieghi horrendo e crudo Che a rimembrarlo solo agiaccio e sudo. Non solamente sempre agiaccio e sudo Ma mille & mille morti pato alhora E quel che dentro il tristo petto chiudo A chi sa legger mostrolo di fora Moro dognhor, ne son de vita nudo E questo morir sempre, più me accora Che s'io facesse un fin solo, e non cento Saresti alegra, & io fuor di tormento Non circo che se aquieti il mio tormento Non dimando pietade né mercede Non disiro esser lieto né contento Non bramo amor più non, né bramo fede Non voglio più de canti alcuno accento Non vo' più ben, che a me non se richiede Ma voglio tutte le mortal ruine Per giunger presto al desiato fine Pria ch'io giungesse a questo extremo fine dolce nimica e voi mei grati audienti Solevo anch'io per ciascadun confine Sparger non mesti, ma soavi accenti E spesso nanti l'hore matutine Far surger l'alba & raquienter i venti E non v'era cor aspro e sì feroce Che non movessie il suon de la mia voce Ma hor ch'io son sanza alma e sanza voce Per troppo amarti, ah despietato sasso I' potrei ben cantar lento e veloce Ch'io facesse a nessun mover un passo Perho che tanto il mesto dir mio noce Che ognun che l'ode d'ogni gaudio è casso E s'io facea col canto un morto, vivo Ognun che me ode, hor so' de vita privo Ah quanto è d'intelletto e senso privo Quel che in volubil donna pon sua cura Prima sparge de gli occhi un largo rivo Poi muta usanza, stil, modo e figura De gagliardo sencier, vien semivivo E ne la fin, diventa un'ombra obscura Perho il femineo sesso, fuga ognuno Che a pasto è tal, che esser vorrà digiuno. Amanti, statte ognun casto e digiuno. Che poco mel, non paga molto tosco Gli occhi aprite di tempo chiaro e bruno Che quando luce il Sol, mi par più fosco Sì facilmente non credete a ognuno Che più fede nel mondo non connosco Rendere l'arme de Cupido al tempio Et prender di me, non d'altri exempio Già per auctoritate, e per exempio Fummi mostrato che una horribil fera Non haveva il cor tanto crudo & empio Quanto l'hai tu spietata mia guerriera Et io come impazzito stolto e scempio Creder non volsi a tal ragione intiera Sì che s'io errai, non fu per mio diffetto Che è impossibil fugir da un sacro aspetto Il qual mirando pur vengo in lo aspetto Afflitto, lachrymoso e tutto exangue: E il core e l'alma mancami nel petto Qual chi vede obscur'ombra o rigido angue Et repentina morte sola expetto Che, è dolce cosa a quel che pena e langue Che per uscir fuor de angosciosi pianti Cusì far soglion tutti tristi amanti. Strambotti ad amicam. Hor son pur giunto, al dolce e amaro loco Ove fui disarmato vinto in guerra Hor son pur giunto ove l'ardente foco Dolcemente mi volge in tritta terra Hor son pur giunto, ove 'l spietato gioco D'amor m'inchina duramente a terra Hor son pur giunto, ove spero mia sorte Mi darà presto vita, o presto morte. E perché antichamente si suol dire Che rimedio non trova, chi il mal cela: Questa cagion mi sforza a voi scoprire Il duol, e far d'amor iusta querela Che quel che a torto sentesi morire: Non possendo altro adopra la loquella Con la qual, spero ognor gridar sì forte: Che se non te, farò pietosa morte E se harrà de sordo aspide la orecchia E il cor di fera dispietata e dura Convien che a maggior grido me apparecchia. Sì che me odeno, i ciel, le aque, e le mura Le quai da l'aspro mal, che in me se invecchia Harran cordoglio, e de la mia sventura Che ben si vede ir alto, & scender basso De aqua faville, & lachryme d'un sasso Non è cor non è spirto che in amore Rustico, non che nobile e virile Non corrisponda con gelato ardore E con disio magnanimo e gentile Non v'è arboro, pietra, herba, o fiore Che non senta il calor del suo focile Senza il qual, siani inordinati & spenti I sacri chori, non che gli elementi Zephyro il dolce tempo rinovella Spargendo ovunque vola mille odori Ride l'ampla campagna ornata e bella De rose gigli, de viole e fiori Mira narciso al rio sua fronte isnella Tacinto vede in grembo i suoi dolori In biancha vesta pur come già sole Si gira Clitia palidetta al sole I vivi chiari limpidi Crystalli Surgon sì dolce e sì amorosamente Le dolci e correnti aque per le valli Corron superbe in vista dolcemente Le pure nymphe ai deletevoi balli Se riducono al solito sovente Cantano i vaghi augei tra foglie e fiori E il semicapro dio tra gli pastori Il senza nodi abete al ciel se estende Cusì il robusto cerro e l'alto faggio Il fronzuto olmo in l'aria si sospende El cornio il pino, il frassino silvaggio Il lauro di che ornarsi il saggio attende Lo anornio tessa ghirlandette al maggio La palma si prepara a gran vittoria: L'edera e il myrto a poetica hystoria Ogni aspra fera per amore vaneggia & fano insieme dolcemente guerra L'un montone con l'altro si vahheggia E pien de ardor le corna poi disserra Lo affocato cingial fuma e baveggia Le larghe zanne aruota, e il griffo serra E giovenchi arsi d'amoroso gelo Spargon coi piè l'herbosa terra al cielo I paventosi daini per la druda Mostransi arditi quai guerrieri al campo Il tigre con vergata pelle suda Spargendo in l'aria sanguinoso vampo Ruge il leon con voce horrenda e cruda Spiegando al ciel con gli occhi ardente lampo Il serpe per la biscia fischia e vibra Che haverla prima e poi morir delibra Il cervio la sua sposa abbraccia e stringe Cusì un coniglio fa con l'altro anchora Dove la terra april più bel depinge Ogni simplice lepra se inamora Ne l'aqua i muti pesci Amor constringe Che 'l potente suo stral ognuno accora Vedesi anchor la salamandra a prova Che in fuoco dolcemente se rinova Gli vaghi augelli per le verdi fronde Fan dolce l'aria, pei soavi accenti E sì ben l'un con l'altro se risponde Che per che l'harmonia del ciel si senti Ecco le voci rispondeno infonde Ne le orecchi d'intorno a gli audienti Ogni selva, ogni bosco, e ogni campagna Per amor, notte e dì, si scalda, e bagna Gracchia la passeretta in ogni canto La sua gemmata coda il pavon spiega Il bianco cygno adopra il dolce canto L'humil colomba al sposo suo si piega Parlando il papagallo in verde manto Con la sua tortorella si colega La rondinella, e il rossignol si scorda Dil duol antico, e con amor se accorda Non solo gli animanti irrationali Piegano il capo a l'amoroso laccio Ma i brutti anchor, e gli homini mortali Viveno dolcemente in fuoco e in giaccio Gli dei celesti, e i spiriti infernali Godeno avinti, in cusì dolce impaccio Né cosa alcuna mai fu di valore Che esser potesse sanza immenso amore Il summo iove giù del sacre choro Discese in varie forme per amore Quando in aquila e quando in piogia d'oro Quando in serpente, e quando in un pastore Quando in candido cygno e quando in thoro Spronato e vinto dal soperchio ardore Poi pien di dolce affetion si vede Volarse al ciel col suo bel ganymede Phebo in thessaglia ardente e luminoso Fessi pastor per Daphne e fessi in vano Neptun si fece in un monton lanoso E in un torno iuvenco humile & piano In un cavallo ardito e furioso Mutossi Achille, de sembiante humano Per euridice, Orpheo nel centro scese. E pluto de proserpina se accese Ogni cosa creata in ciel e in terra E ne lo abysso, convien che amor senta Ogni triegua, ogni pace, & ogni guerra Per amor, solo scema, & augumenta: Se dunque questa regula non erra Non trovar spero in te, la fiamma spenta Anci ardente che un cor più che è gentile In amor è più pronto, e più virile De gentilezza, a quel ch'io veggio e sento Proprio me assembri un'altra Danibea De excellentia, e dotrina al dolce accento Minerva sei de la scientia dea Di beltà, se 'l veder non è in me spento Veramente sei nova Cytharea De crudeltade, poi che è cosa vile Sei per mia morte: una avara Esyphile Dhe dio come esser pò che fra due stelle Sì vaghe altro vi sia che un bel splendore Come esser pò che tra due rose belle Esser possi altro che un divino odore Como esser pò che tra due pure mammelle Altro vi sia che gentilezza e amore Como esser pò che tra duo labra sole Altro vi sia che angeliche parole Se ben l'alma persona tua modesta Contemplo, i' veggio come fior fra l'herba Lo inanellato crin ne l'aurea testa Giù per la fronte humilmente superba Rideti intorno la preciosa vesta Dentro a la qual ogni gratia si serba O sacra imago gloriosa & diva Da far de marmo una persona viva Se 'l fatal corso mio me astringe & vole Ch'io te sol ami, e ogn'altra cosa experna Non posso più, so ben che fisso il sole Mirar non posso, né sia mai che il scerna Ma qual dea che con sguardi, e con parole pò far mia vita breve & far eterna Se non voi trami fuor dov'io tutto ardo Tiemmi almen vivo con un dolce sguardo E se ciò non voi far ti 'l mostro aperto Che per mille ragioni mi fai torto Prima che s'io son basso, a tuo grado erto Più sia tua gloria, e a me maggior conforto L'altra se di beltà non son coperto Qual te, di fede armato il petto porto E per questo, e per quel che ho detto inante Convien amar se ben fusti adamante Strambotti diversi. La crespa chioma tua, le archate ciglia La gloriosa fronte, e il dolce sguardo Il prefilato naso, e le vermiglia Guancie, mi sono al cor lo accenso dardo La bocca che a null'altra se assimiglia Con le amene parole, fa tutto ardo Il riso, el modo, l'habito, il costume Fami hora un mongibello, & hora un fiume Vaghi fioreti e voi teneri arbusti A cui son noti i miei martiri occulti Faggi, pini, cypressi, alti e robusti Che in la scorza tenete i miei mal sculpiti Valle secrete che già colma fusti De' miei pianti, suspir, gridi, e singulti Godete, perché in fuoco è volto il gelo Et son da terra sublevato al cielo El pelican per dar ai figli vita Si rode il petto e cusì gionge a morte Il cavaller poi che ha la seta ordita Dentro si chiude e mor con dura sorte L'imperator de la gloria infinita Per salvarci, al fin corse acerbo e forte Et tu ingrata e crudel, per ch'io non viva Me nieghi la tua imago excelsa e diva Sonetti diversi. Dapoi che incominciai sì dolce amarte E scorgier l'occhio mio per lo tuo lume Mutai per compiacerte ogni costume La lingua, il cor, lo stil, l'inchiostro, e carte Et venni a piè dil monte ad adorarte Sperando o stai salir l'alto Cacume Ma il grave peso, & lo mortal volume Signor non mi lasso, là su trovarte Dove vo ardendo & disiando intorno Pur per salir, per la più acconcia via Per veder chi tu sei d'amar sì degno Io non so che è fin qui, né so che sia Speranza e fede, in tua bontate ho in pegno Quai dureran per fin l'ultimo giorno Poi che mortal bellezza in gioven anni Non dura troppo, e la vecchiezza inferma E per alcuna età, non pò star ferma La veste, a cui donò Natura i panni Spinta da te la Fede, ardon gl'inhanni La pace è morta, e Iustitia se inerma Giace Pietà, Crudeltà surge e afferma Rabide e fier le voglie, a gli altrui danni. Soletta L'innocentia via per via Nuda come la nacque, e durar tende Chiamando, hor questo, hor quello, in compagnia: Né chi l'aiuti è mai, ben, chi la offende A che star tra costoro anima mia Miseri chi non provede, e questo intende Sonetti. Talhor sole fra me pensoso e stanco Vo discorrendo tutto il viver mio Chi fui, chi son, de qual speme, e disio Visso ho fin qui, quasi canuto e bianco: Et dico ahi lasso, non te ne avedi ancho Che 'l tempo vola, e il mondo falso e rio te carcha sì, che se andrai nanti a dio Un de, quegli serai del lato mancho. Dove col cor pien di pauroso scorno A man dritta mi volgo, e trovo il vado Che da notte me alunga, e apressa al giorno E qui tanto altamente ascendo & vado Ch'io son quasi divin, ma poi ritorno S'io guardo in giuso, e in doppio error ricado Piedi, man, occhi, bocca, orecchi, e il core Insieme a lite van, nanti a Cupido Ciascun gridando, signor iusto e fido Priego hor dopri iustitia, se ami honore I piè, dicon tornar vogliam signore Le man, che 'l guerrizar fusse finido Gli occhi, non pianger più, cusì gran grido Fan questi ad un, narrando il lor dolore La bocca, poi non vo' più riso o canto Le orecchi, udir non posso chi me offende E il cor dice tutto ardo sanza pianto Amor, che pur tal volta il vero intende Vedendo il cor più degno, dagli il vanto E tutti gli altri, via scaccia, e riprende Capitulo ad amicam. Quel dì che a contemplar donna fui volto Tua gran beltà, divenni in un momento Scioccho, impacito, smemorato, e stolto E s'io erra sopra ogn'altro più contento Hor son più tristo, e solo è il viver mio Doglia, stratio passion, pianto, e tormento Ogni spasso, e piacer posto ho in oblio Et hommi elletto sol per gaudio e giuoco Servitù, fede amor speme, e disio: Per i quai dov'io vado in ogni luoco Spargo pien de acerbissimi martiri Asentio tosco, fele, fiamma e fuoco E non v'è alcun che pur la orecchia giri Audir gli miei che infino al ciel sen vanno Gridi, singulti, omei, luti, e sospiri Anci ognun gode, e tu più del mio danno Dove da sdegno e duol surgemmi al petto Ambastia, rabia angoscia, incendio, e affanno Tal che spesso dich'io sia maladetto Quando mi posi amarte, pien di sdegno D'impito, furia, ardor, ira, e dispetto Poi che in donna d'amor più non v'è segno Poi che 'l servir non val, né più se extima Modi, gratia, valor, virtude, e ingegno Convien ch'io sempre lachrymando exprima Tua crudeltade, ovunch'io volga il passo In voce, in pena, in prosa, in verso, e in rima Che da poi ch'io te, vidi ah duro sasso Persi ogni ben, né so più ahimè che sia Gaudio, contento, refrigerio e spasso O reo destin, o dura sorte mia Che più ch'io t'amo più me sei rubella Falsa, cruda, spietata, iniqua e ria Come esser pò che tu non sia men fella Essendo sola sopra ogn'altra chara Vaga, honesta gentil, liggiadra, e bella Come esser pò crudel de merce avara Che mia cotanta, fe' non te apra il core Simplice, pura, inusitata, e rara Come esser pò che 'l mio sfrenato ardore Se è ver che sia gentile, non te anodi Piedi, man occhi, bocca, orecchi, e il core Come esser pò, se hai visto in tutti i modi Mia servitute, che radoppi anchora Strali, esca, fuoco reti, lacci, e nodi Dhe perché ingrata voi che a torto mora Un che d'ognor con dolci rime accorte Te exalta, cole, riverisce, e honora Dhe vogli aprirmi de pietà le porte Né darme in premio, acciò che poco io scampi Doglia, ingano, timor tormento, e morte Ad che cerchi spietata più ch'io avampi Se arso ho, non pur col fuoco ma co i fiumi Monti boschi campagne selve, e campi Ad che voi più che in pianto i' mi consumi Se ond'io vo, faccio, per tutti i confini Laghi stagni, torrenti, rivi, e fiumi Ad che voi far miei spirti più tapini Se manchan (del mio mal) perché te appaghi Faggi, abeti, cypressi, mirti, e pini Se quei che son dil sangue human più vaghi Movo a pietà, che son de' miei tormenti Orsi, lupi, leoni, serpi, e draghi Perché al pietoso son de' miei lamenti Non ti movi, s'io faccio affliti e gravi Ciel, nube, stelle, sol, luna, aere, e venti Fior frond' herb' ombr' antr' onde aure soavi. Epistola ad amicum. Spinta da insupportabil passione, Falso, ingrato, sleal, voto di, fede, Mandoti questa, e non senza ragione, E maledico il primo dì che 'l piede E l'alma, e il core a te volsi, credendo, Che fusti pien de affetto e di mercede, Tanto amor post haveati, e sì stupendo, Ch'io diceva fra me, per fino a morte, Altri che te adorar mai non intendo, Et benediva sempre la mia sorte Sopra ogn'altra, credendo esser felice, E non bramar come ogn'hor fo la morte. I' credea rinovarmi qual phinice A quel amor che me mostravi tanto Et hor di verde, è secca mia radice. Ah misera chi in huomo crede tanto Ah stolta chi si pensa amar un giorno Sanza menar sua vita sempre in pianto: Tanto mi piacque il tuo bel volto adorno Che altri che te, non adoravo in terra. Nulla stimando infamia, ingiuria, e scorno Non volevo tuo danno, o la tua guerra Tua robba o facultà: ma la presentia Che anchor nel petto me si chiude e serra O dura sorte, o mia cruda influentia Dunque per troppo amarti dei fugire Et far da chi te adora, resistentia Quando hai ben adimpito il tuo disire Come nudo di amor e di ragione T'hai voluto da me, lassa, partire Dhe dio sapess'io almanco la cagione Che se da me venir vedesse il torto Non harei punto al cor di passione Non è costume già de un huomo accorto Ingannar chi se fida io me fidai Tu in mar m'hai posto sanza fondo e porto Altro non voglio dir, so che tu sai A che grado m'hai scorta, ma lo amore Ch'io t'ho portato al fin conoscerai E spero anchor che quel sfrenato ardore Che per te me arse, chiederà vendetta De la mia fede, e dil tuo falso core che ogni peccato punitione expetta Disperata. Se alziai mia voce mai per trovar pace Hor alziola in battaglia, cruda e fera Che a morte a un tristo, più che vita, piace Se mai del dì bramai la luce vera Hor la rifiuto, & bramo obscura notte che a un infelice, convien vesta nera S'io sparsi dolci rime, ornate, e dotte hor le restringo, e le converto in tosco che ciò far de', chi ha sue speranze rotte S'io bramai terso dir, succinto, e tosco hor rigido inornato, & mesto, bramo, che un lieto ama il giardin, misero il bosco Se 'l star sol mi parea qual pesce in amo Hor parmi sciolto star, con altrui preso che un veduo Tortorin, vol secco ramo S'io fui d'amor cantando lieto acceso hor son mesto piangendo, fatto un giaccio che picciol forza, non sostien gran peso S'io bramai lieto star fuor d'ogni impaccio hor viver bramo mesto in mortai gridi che a lieti gioia, e a mesti, convien laccio Se allegro andai per monti, piani, & lidi hor tristo giaccio in una obscura cava Ch'a ognun che ha contra il ciel, convien tai nidi Se dolce in vista a ognuno i' mi mostrava hor paventoso, e crudo, i' vo' mostrarmi che altro far non pò quel che ha sorte prava S'io solea del buon stato mio, lodarmi hor son del tristo allegro, in cui mi trovo che pace chiama oliva, & guerra l'armi S'io vissi lieto a l'amoroso giovo hor lieto corro al fin qual celler pardo Che 'l pensar dil ben vecchio, e dolor novo S'io dissi dolcemente ahimè tutto ardo hor dico amaramente, fuss'io polve che è meglio un duol mortal breve, che tardo S'io dissi donna ahimè di me non duolve hor dico iubilate de mia pena che è mal stabil quel ben, che intorno volve S'io dissi donna mia passion raffrena hor dico accresci quella, sì ch'io mora. che è meglio morte che vita in catena S'io dissi trammi il stral dil petto fora hor dico che di quel facci un bersaglio che assai peggio è penar, che l'ultim'hora S'io mi diffesi di punta, e di taglio hor voglio stesso farmi offesa grave che haver requie non de', chi vol travaglio S'io dissi porto de mia stanca nave hor dico mar profundo la summerga che a' sfortunati, non lice, onde soave. S'io dissi a me pietosa sia tua verga hor dico che me ha qual serpe, o draga Che cui stenta meglio è raro disperga. S'io dissi asciuga, e chiudi l'aspra piaga hor dico, che entro poni aspro veneno che un misero di morte sol si appaga S'io dissi aiuto ahimè ch'io vengo a meno hor dico aiuto, a trarmi nel profundo che 'l fin suo brama, chi n'ha il ciel sereno S'io dissi donna scarca il grave pondo Hor dico carcha sì che in breve io manchi. che morte chiama, chi è mal nato al mondo S'io dissi mai non sian miei piedi stanchi Hor dico siano in dur catena stretti. che chi schiavi esser den, mai non sian franchi Se 'l mio cibo era sol giochi, e diletti Hor è lachryme, ardor, suspir, e affanni. che ciò convien a chi a contrarii effetti. S'io vissi iustamente senza inganni Hor fin ch'io vivo, usar uno tradimenti. che chi ciò fa, se steso abbrevia gli anni. Se mali & vitii, mai da me fur spenti. Hor ne abondino tanti che arda il cielo. che a' bassi, giova il mal de gli eminenti. Se al ben altrui fui pien de ardente gelo Hor al mal per lo opposito esser voglio che chi vol mutar stato, cangia pelo. Se mai fui privo de animo, e de orgoglio. Hor sì ne surga in me, che 'l mondo trema che al tristo, giova assai l'altrui cordoglio. Se in me trovossi ognor pietade extrema Hor ritrovisi extrema, crudeltate. che spesso a torto il ciel, vol che si gema. Se ognhor fui sopra ognun pien de humilitate Hor superbia in me soi, facci suo albergo. che a dietro va, chie segue sue pedate. S'io non posi l'honor sì caro a tergo Hor voglio porlo, & solo amar vergogna che chi ciò fa, ben pò dir mi summergo S'io non feci ad alcun, torto o menzogna Hor voglio farlo a tutti, e più a chi me ama che pace, a chi vol guerra, non bisogna S'io cercai laude, precio, honor, e fama Hor cerco infamia, vituperio e scorno che un disperato altro, che mal, non brama Se l'opre mie da ognun lodato forno Hor sian biasmate, sì che ognun me offenda E che sol brama perir, chi ha scuro il giorno Se in me mai non trovossi una sol menda Hor ne surgano tante, ch'io sia occiso che morte, a' tristi par che nulta incenda Se sol mostrommi ognhor splendido il viso Hor me si mostri obscuro fosco, e negro che non convien lo inferno, al paradiso Se la luna mostrommi il volto allegro Hor me si mostri colma de ira, e sdegno che luce brama il sano, e obscuro, l'egro Se hebbi propitio ogni celeste segno Hor me sian contra, congiurati a morte che è buon morendo uscir, de affanno e sdegno Se fortuna mi tenne in lieta sorte Hor invida, e contraria, me si facci che chi non pò haver ben cerca vie torte Se amor mostrommi ognhor benigna faccia Hor me si mostri, & facci empio tyranno che chi non de' fallir, iusto è che giaccia Se da vener fui posto ad alto scanno hor mi summerga nel proffundo abysso che assai melio è un mortal che un longo affanno S'io tenni a cose vaghe l'occhio fisso hor chiudesi, e dispergo il vivo lume che lice il lume haver, che ha 'l scur demisso S'io godea primavera per costume hor son colmo de affanno, e di dolore che non pò rider, chi è converso in fiume. S'io tenea per vagezza in man un fiore Hor disiro tenir, un mordace angue. che 'l tosco, a' tristi par dolce liquore. Se 'l mi dispiaque versar l'altrui sangue Hor far vo' altrui morir per esser morto: Che 'l fin suo brama, quel che a torto langue. S'io cercai lieto giunger sempre in porto Hor lieto cerco giunger ne lo inferno: che a' miseri non è poco conforto. Se qui pace, o salute, i' non discerno Hor son certo che almen lì è un fermo stato che cui vi entra non mor, ma sta in eterno. Se per gratia a tal ben serò arrivato. Hor lasso che in sul marmo esto epygramma Sia scritto, acciò se intendea il dur mio fato Di Noturno è qui il corpo, & l'alma in fiamma Giace appresso Pluton, per donna, ingrata E se penando ben mai non sfiamma. Gode che anchor sua fe' vien celebrata. Strambotto. Chi segue amor, mena sua vita in fuoco. E inutilmente il tempo, e il danar spende. Chi va dietro de dadi, & carte, il giuoco Perderà al fine, la mercantia i rende. Chi va, a caccia hor in questo, e hori quel luoco Le reti invan, più de le volte tende. Chi virtù segue, vince, e non mai perde. Perho che con virtù tutto rinverde. Impresso in Milano per Magistro Gotardo da Ponte ad instantia.Do.Io.Iacobo & fratelli da Legnano Anno.D.M. ccccc.xyiii.adi.xii.de October. Edizione del 1519 [Illustrazione: frontespizio] Impresso in Milano per Rocho & fratello da Valle che sta in corduxo apreso a la speciaria dal Moltone ad instantia de Miser Nicolo da Gorgonzola nel.M. ccccc.xviiij.adi.xi.de Zenaro. Nota del Trascrittore La trascrizione di quest'opera è stata effettuata sulla base dell'edizione pubblicata nel 1518. Si è cercato, pur modernizzando il testo per alcuni aspetti, riguardanti essenzialmente le convenzioni tipografiche dell'epoca, di mantenerlo il più possibile fedele all'originale. Minimi errori tipografici sono stati corretti senza annotazione. Si è fatto riferimento anche a un'altra edizione (1519), della quale al termine del testo è presentata l'illustrazione di copertina unitamente ai dati di pubblicazione. --- Provided by LoyalBooks.com ---